Ciclo
Gesù, maestro di vita, nel vangelo di Marco
“E subito lo seguirono”
(cfr. Mc 1,18)
Quello di Marco è il più essenziale dei quattro vangeli. In poche pagine, presenta un Gesù in cammino, che incontra persone, guarisce, incoraggia, aiuta e insegna. Il nostro percorso è costituito da dieci tappe a frequenza settimanale in cui desideriamo seguire il suo itinerario, lasciandoci provocare dalle sue parole, dai suoi gesti e dal suo stile. Ogni tappa diventa un'occasione di crescita: per conoscere meglio noi stessi, per liberarci da ciò che ci blocca, per scegliere e vivere con più libertà e verità.
IMPORTANTE.
L’‘ignazianità’ della preghiera nasce dall’applicazione del metodo elaborato da sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali. Non basta, quindi, meditare solo sul testo biblico o leggere le note che lo accompagnano: è fondamentale accogliere e mettere in pratica lo spirito delle varie indicazioni contenute nella scheda. Per questo è importante leggere con attenzione quanto segue.
L’‘ignazianità’ della preghiera nasce dall’applicazione del metodo elaborato da sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali. Non basta, quindi, meditare solo sul testo biblico o leggere le note che lo accompagnano: è fondamentale accogliere e mettere in pratica lo spirito delle varie indicazioni contenute nella scheda. Per questo è importante leggere con attenzione quanto segue.
Scheda settimanale 10/10
"Ella ha fatto ciò che era in suo potere"
(cfr. Mc 14,8)
"Ella ha fatto ciò che era in suo potere"
(cfr. Mc 14,8)
Tema: Dono totale e definitivo. L’incontro con Gesù spinge a un’offerta senza calcoli, in cui non si dona una parte ma tutto, come segno di una vita interamente consegnata.
Creo le condizioni
Prima di iniziare, scelgo un posto tranquillo e una posizione del corpo che mi aiutino vivere il momento della preghiera. Creo intorno e dentro di me il silenzio necessario per ascoltare la Parola e lasciarla scendere nel cuore. È opportuno, per esempio, spegnere il cellulare, avvisare in casa del mio momento di preghiera per non essere disturbati, ecc…). Scelgo un momento della giornata in cui ho energie e lucidità. Prendo per me 25-30 minuti per attraversare la scheda con lo scopo di ascoltare nella Parola la voce dello Spirito che abita in me. Evito i tempi di stanchezza all'interno della giornata, perché non mi permetterebbero di vivere la preghiera con frutto.
Mi metto alla presenza del Signore
Mi metto davanti a Colui che desidero incontrare: il Signore. Lascio che il suo sguardo, il suo amore e il suo abbraccio mi raggiungano affinché mi facciano sentire al mio posto, davanti a Lui. Sosto il tempo necessario perché io colga questa presenza.
Mi abbandono al Signore
Chiedo a Dio, nostro Signore, che la mia vita - memoria, pensieri, desideri, decisioni e azioni - sia orientata a Lui e al suo servizio. Domando di poter entrare in questa preghiera con fiducia e disponibilità, affidando a Lui il mio passato, il mio presente e il mio futuro.
Prima di iniziare, scelgo un posto tranquillo e una posizione del corpo che mi aiutino vivere il momento della preghiera. Creo intorno e dentro di me il silenzio necessario per ascoltare la Parola e lasciarla scendere nel cuore. È opportuno, per esempio, spegnere il cellulare, avvisare in casa del mio momento di preghiera per non essere disturbati, ecc…). Scelgo un momento della giornata in cui ho energie e lucidità. Prendo per me 25-30 minuti per attraversare la scheda con lo scopo di ascoltare nella Parola la voce dello Spirito che abita in me. Evito i tempi di stanchezza all'interno della giornata, perché non mi permetterebbero di vivere la preghiera con frutto.
Mi metto alla presenza del Signore
Mi metto davanti a Colui che desidero incontrare: il Signore. Lascio che il suo sguardo, il suo amore e il suo abbraccio mi raggiungano affinché mi facciano sentire al mio posto, davanti a Lui. Sosto il tempo necessario perché io colga questa presenza.
Mi abbandono al Signore
Chiedo a Dio, nostro Signore, che la mia vita - memoria, pensieri, desideri, decisioni e azioni - sia orientata a Lui e al suo servizio. Domando di poter entrare in questa preghiera con fiducia e disponibilità, affidando a Lui il mio passato, il mio presente e il mio futuro.
Testo principale: Mc 14,3-9
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un'azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».
Immagino la scena
Dopo aver letto una prima volta l’intero testo principale, e se può aiutarmi, lascio che la scena prenda forma in me immaginandola: personaggi, sguardi, parole, gesti, movimenti. Io sono lì, respiro la stessa aria, mi muovo tra i personaggi, partecipo con cuore, mente e corpo, mi sintonizzo con quella scena che ha a che fare con me e con il mio mistero, qui ed ora.
Dopo aver letto una prima volta l’intero testo principale, e se può aiutarmi, lascio che la scena prenda forma in me immaginandola: personaggi, sguardi, parole, gesti, movimenti. Io sono lì, respiro la stessa aria, mi muovo tra i personaggi, partecipo con cuore, mente e corpo, mi sintonizzo con quella scena che ha a che fare con me e con il mio mistero, qui ed ora.
Richiesta di grazia (che orienta tutta la mia preghiera)
Chiedo di riconoscere ciò che oggi sono chiamato a consegnare a Gesù con sincerità, senza calcoli, come gesto di un amore vero e totale.
Chiedo di riconoscere ciò che oggi sono chiamato a consegnare a Gesù con sincerità, senza calcoli, come gesto di un amore vero e totale.
TESTO BIBLICO PRINCIPALE. Corredato solo da alcuni essenziali spunti e riflessioni per accompagnare la preghiera personale secondo lo spirito di s. Ignazio, il quale ricorda che non è il molto sapere a saziare e soddisfare l’anima, ma il sentire e il gustare interiormente le cose, così che chi prega possa ricavare maggior gusto e frutto spirituale riflettendo e ragionando da solo (cfr. Esercizi Spirituali 2).
Le tre sezioni possono essere meditate in giorni diversi o affrontate in un unico tempo di preghiera.
Parto dall’inizio del testo biblico e mi lascio fermare da quella parola, frase, concetto o immagine che suscita in me un movimento o una risonanza interiore particolare (per es. pace, serenità, paura, tristezza, ecc...). Se questo accade, significa che quella parte di testo tocca la mia vita presente e concreta: è lì che la Parola, e in particolare, quella precisa porzione di testo, mi vuole dire qualcosa e per questo la prendo in seria considerazione. Mi soffermo finché il movimento/risonanza dura, per “sentire e gustare interiormente” l’esperienza che il testo mi offre. Mentre sto su quel movimento mi chiedo: "cosa mi sta dicendo? Perché ho questa risonanza? A cosa mi sta chiamando?". Non ho fretta di andare avanti: anche se passo tutto il tempo su un solo versetto, su una sola parola o su una sola immagine, la preghiera è pienamente vissuta.
Non cedo alla tentazione di scrivere durante la preghiera, per restare interamente presente all’incontro con Dio, che in quel momento mi parla attraverso la sua Parola.
MOLTO IMPORTANTE: La mia preghiera è sulla Parola di Dio, non sul commento, il quale ha soltanto la funzione di provocare, sottolineando alcuni aspetti, e aiutare ad entrare meglio nella Parola stessa.
Parto dall’inizio del testo biblico e mi lascio fermare da quella parola, frase, concetto o immagine che suscita in me un movimento o una risonanza interiore particolare (per es. pace, serenità, paura, tristezza, ecc...). Se questo accade, significa che quella parte di testo tocca la mia vita presente e concreta: è lì che la Parola, e in particolare, quella precisa porzione di testo, mi vuole dire qualcosa e per questo la prendo in seria considerazione. Mi soffermo finché il movimento/risonanza dura, per “sentire e gustare interiormente” l’esperienza che il testo mi offre. Mentre sto su quel movimento mi chiedo: "cosa mi sta dicendo? Perché ho questa risonanza? A cosa mi sta chiamando?". Non ho fretta di andare avanti: anche se passo tutto il tempo su un solo versetto, su una sola parola o su una sola immagine, la preghiera è pienamente vissuta.
Non cedo alla tentazione di scrivere durante la preghiera, per restare interamente presente all’incontro con Dio, che in quel momento mi parla attraverso la sua Parola.
MOLTO IMPORTANTE: La mia preghiera è sulla Parola di Dio, non sul commento, il quale ha soltanto la funzione di provocare, sottolineando alcuni aspetti, e aiutare ad entrare meglio nella Parola stessa.
Mc 14,3-9
1. «Mentre Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso, mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore; spezzò il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo» (Mc 14,3).
Note
La scena si apre in un contesto di sorprendente intimità. Non è una casa qualsiasi, ma quella di un “lebbroso” guarito: un luogo che porta ancora i segni della fragilità e della gratitudine. Betània, nella memoria evangelica, è la casa dell’amicizia e dell’accoglienza: qui Gesù si lascia amare, si lascia toccare. In questo spazio di umanità ferita e guarita, entra una donna anonima, senza nome e senza titolo, che compie un gesto disarmante nella sua semplicità e nella sua radicalità. Non parla, non chiede nulla, non spiega il suo gesto. Rompe il vaso e versa tutto. Non apre semplicemente il contenitore, ma lo spezza: un gesto irreversibile, che non consente ritorni. È la forma simbolica del dono totale, in cui nulla si trattiene, nulla si risparmia. In un mondo che misura tutto in base al calcolo e alla prudenza, questo gesto appare “eccessivo”, fuori misura. Eppure è proprio in quell’eccesso che si manifesta la logica di Dio: l’amore vero non conosce economia, non teme lo spreco, non valuta in termini di rendimento. Quel vaso spezzato è immagine di ogni vita che sceglie di donarsi senza riserve. È anche figura di Cristo stesso, che di lì a poco sarà “spezzato” nella sua Passione, versando la vita come profumo prezioso. Il profumo che riempie la casa è il segno concreto di questo amore che si diffonde, che si espande oltre il gesto, fino a impregnare ogni cosa. Dove l’amore è autentico, lascia sempre una traccia, un profumo che rimane. Nella visione ignaziana tutto ciò che sono e che ho è ordinato al Signore. Non è un concetto astratto, ma un’esperienza che passa attraverso la concretezza del dono. Quando l’amore diventa così libero da non dover calcolare nulla, nasce la vera gioia della sequela. Il vaso spezzato dice la libertà interiore di chi riconosce che il bene non si conserva accumulando, ma donando. Il profumo che invade la casa non è solo il segno del gesto compiuto, ma della trasformazione che esso genera: chi ama davvero cambia l’atmosfera intorno a sé. Il dono totale non lascia tutto come prima, ma apre spazi nuovi di vita, di fiducia, di speranza. Così l’amore, anche quando passa inosservato, non smette di diffondere la sua forza.
La scena si apre in un contesto di sorprendente intimità. Non è una casa qualsiasi, ma quella di un “lebbroso” guarito: un luogo che porta ancora i segni della fragilità e della gratitudine. Betània, nella memoria evangelica, è la casa dell’amicizia e dell’accoglienza: qui Gesù si lascia amare, si lascia toccare. In questo spazio di umanità ferita e guarita, entra una donna anonima, senza nome e senza titolo, che compie un gesto disarmante nella sua semplicità e nella sua radicalità. Non parla, non chiede nulla, non spiega il suo gesto. Rompe il vaso e versa tutto. Non apre semplicemente il contenitore, ma lo spezza: un gesto irreversibile, che non consente ritorni. È la forma simbolica del dono totale, in cui nulla si trattiene, nulla si risparmia. In un mondo che misura tutto in base al calcolo e alla prudenza, questo gesto appare “eccessivo”, fuori misura. Eppure è proprio in quell’eccesso che si manifesta la logica di Dio: l’amore vero non conosce economia, non teme lo spreco, non valuta in termini di rendimento. Quel vaso spezzato è immagine di ogni vita che sceglie di donarsi senza riserve. È anche figura di Cristo stesso, che di lì a poco sarà “spezzato” nella sua Passione, versando la vita come profumo prezioso. Il profumo che riempie la casa è il segno concreto di questo amore che si diffonde, che si espande oltre il gesto, fino a impregnare ogni cosa. Dove l’amore è autentico, lascia sempre una traccia, un profumo che rimane. Nella visione ignaziana tutto ciò che sono e che ho è ordinato al Signore. Non è un concetto astratto, ma un’esperienza che passa attraverso la concretezza del dono. Quando l’amore diventa così libero da non dover calcolare nulla, nasce la vera gioia della sequela. Il vaso spezzato dice la libertà interiore di chi riconosce che il bene non si conserva accumulando, ma donando. Il profumo che invade la casa non è solo il segno del gesto compiuto, ma della trasformazione che esso genera: chi ama davvero cambia l’atmosfera intorno a sé. Il dono totale non lascia tutto come prima, ma apre spazi nuovi di vita, di fiducia, di speranza. Così l’amore, anche quando passa inosservato, non smette di diffondere la sua forza.
- Sto nella scena biblica e mi chiedo: Quale parte della mia vita oggi sono chiamato a mettere in gioco perché possa portare frutto?
2. «Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: “Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri”. Ed erano infuriati contro di lei» (Mc 14,4-5).
Note
Il gesto della donna, che per Gesù è profumo di amore, per altri diventa scandalo. Non è l’odio a opporsi all’amore, ma la mentalità del calcolo. “Perché questo spreco?” è la domanda che attraversa i secoli ogni volta che un gesto gratuito smentisce le logiche dell’efficienza. Dietro la preoccupazione per i poveri — apparentemente giusta e persino evangelica — si nasconde un fastidio più profondo: quello per un amore che sfugge al controllo, che non chiede consenso, che rompe gli schemi del “giusto mezzo”. La libertà dell’amore puro inquieta, perché mette a nudo le nostre mezze misure. La casa, fino a quel momento riempita dal profumo, si riempie ora di parole che giudicano. Lo sguardo economico valuta, quantifica, misura; lo sguardo evangelico, invece, riconosce e accoglie. È il contrasto tra chi vede solo una perdita e chi percepisce una rivelazione. Gesù coglie in quel gesto la profezia della sua stessa vita: anche Lui sarà accusato di “sprecare” se stesso, di donarsi senza misura, di amare troppo. L’amore vero, quando si manifesta, ha sempre un prezzo: quello dell’incomprensione. La logica del calcolo spesso sembra una virtù: pare prudenza o buon senso, ma non lo è. Ma in realtà può nascondere la paura della gratuità, il timore di perdere controllo, di lasciarsi toccare. La donna invece osa, perché l’amore autentico nasce sempre da un eccesso: non fa conti, ma scelte. In quel gesto, apparentemente sproporzionato, si rivela la misura di Dio, che è sempre “oltre” le nostre misure. Nella prospettiva ignaziana, questo è un momento di discernimento vero. Ignazio ricorda che la decisione spirituale si gioca sempre verso ciò che più conduce alla pienezza della vita in Dio. La donna di Betània sceglie il di più dell’amore: un gesto inutile agli occhi del mondo, ma infinitamente fecondo. Il suo profumo non si oppone alla giustizia, la precede e la fonda: perché la giustizia senza amore diventa amministrazione fredda, mentre l’amore vero genera la giustizia come suo frutto naturale. Il contrasto fra la voce della donna e quella dei presenti resta aperto anche oggi: tra l’efficienza e la gratuità, tra il fare bene e il lasciarsi muovere da un bene che eccede ogni calcolo. Solo chi accetta di “sprecarsi” per amore comprende che nulla di ciò che è donato con sincerità è davvero perduto.
Il gesto della donna, che per Gesù è profumo di amore, per altri diventa scandalo. Non è l’odio a opporsi all’amore, ma la mentalità del calcolo. “Perché questo spreco?” è la domanda che attraversa i secoli ogni volta che un gesto gratuito smentisce le logiche dell’efficienza. Dietro la preoccupazione per i poveri — apparentemente giusta e persino evangelica — si nasconde un fastidio più profondo: quello per un amore che sfugge al controllo, che non chiede consenso, che rompe gli schemi del “giusto mezzo”. La libertà dell’amore puro inquieta, perché mette a nudo le nostre mezze misure. La casa, fino a quel momento riempita dal profumo, si riempie ora di parole che giudicano. Lo sguardo economico valuta, quantifica, misura; lo sguardo evangelico, invece, riconosce e accoglie. È il contrasto tra chi vede solo una perdita e chi percepisce una rivelazione. Gesù coglie in quel gesto la profezia della sua stessa vita: anche Lui sarà accusato di “sprecare” se stesso, di donarsi senza misura, di amare troppo. L’amore vero, quando si manifesta, ha sempre un prezzo: quello dell’incomprensione. La logica del calcolo spesso sembra una virtù: pare prudenza o buon senso, ma non lo è. Ma in realtà può nascondere la paura della gratuità, il timore di perdere controllo, di lasciarsi toccare. La donna invece osa, perché l’amore autentico nasce sempre da un eccesso: non fa conti, ma scelte. In quel gesto, apparentemente sproporzionato, si rivela la misura di Dio, che è sempre “oltre” le nostre misure. Nella prospettiva ignaziana, questo è un momento di discernimento vero. Ignazio ricorda che la decisione spirituale si gioca sempre verso ciò che più conduce alla pienezza della vita in Dio. La donna di Betània sceglie il di più dell’amore: un gesto inutile agli occhi del mondo, ma infinitamente fecondo. Il suo profumo non si oppone alla giustizia, la precede e la fonda: perché la giustizia senza amore diventa amministrazione fredda, mentre l’amore vero genera la giustizia come suo frutto naturale. Il contrasto fra la voce della donna e quella dei presenti resta aperto anche oggi: tra l’efficienza e la gratuità, tra il fare bene e il lasciarsi muovere da un bene che eccede ogni calcolo. Solo chi accetta di “sprecarsi” per amore comprende che nulla di ciò che è donato con sincerità è davvero perduto.
- Sto nella scena biblica e mi chiedo: quali scelte nella mia vita oggi sono frenate dalla paura di “sprecare” tempo, energie, affetti, invece di lasciarmi guidare dall’amore?
3. «Gesù disse: “Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che poteva: ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto”» (Mc 14,6-9).
Note
Gesù si schiera dalla parte della donna. La difende con parole definitive: “Lasciatela stare”. In un ambiente dominato dal giudizio, Egli riconosce la verità di un gesto che nasce dall’amore e non dal calcolo. Quello che per gli altri è uno spreco, per Lui è una profezia. La donna, senza saperlo, anticipa il mistero della croce: unge il corpo del Signore come se preparasse già la sua sepoltura. È un gesto di compassione e di intuizione spirituale, che vede oltre ciò che gli altri non vedono. Mentre i discepoli discutono di valore e di giustizia, lei compie un atto silenzioso che tocca il cuore stesso del Vangelo: donare tutto per amore. Gesù riassume il suo gesto in una frase che vale come una definizione di santità concreta: “Ha fatto ciò che poteva”. Non ciò che doveva, non ciò che gli altri si aspettavano, ma ciò che poteva. È una misura umana e divina allo stesso tempo. Dio non chiede la perfezione, chiede il possibile di ciascuno, ma interamente. Il bene non si misura in grandezza, ma in autenticità. La santità, nel linguaggio di Gesù, è fedeltà alla propria misura, vissuta fino in fondo. Anche il piccolo gesto, se compiuto con amore, partecipa all’infinito di Dio. La donna di Betània diventa così immagine di ogni discepolo che ama senza rumore, di chi non cerca riconoscimenti ma si lascia guidare dal cuore. Gesù non oppone il suo gesto alla carità verso i poveri, ma mostra che l’amore concreto verso di Lui diventa fonte di ogni altra carità. Chi sa donare a Dio ciò che ha di più prezioso impara a donare anche ai fratelli con libertà. È l’amore che dà senso a ogni gesto, non la quantità di ciò che si offre. Per la spiritualità ignaziana, questo è il punto in cui la sequela si misura non sui risultati ottenuti, ma sulla disponibilità a mettere in gioco la vita. “Fare ciò che posso” significa accogliere ogni giorno la mia realtà concreta come luogo di incontro con Dio. È il discernimento del quotidiano: riconoscere dove posso amare di più, dove posso servire meglio, dove posso donare con libertà. Gesù promette che il gesto di questa donna sarà ricordato dovunque il Vangelo sarà annunciato. È la sua canonizzazione nel cuore della memoria evangelica: una donna senza nome diventa parte del Vangelo stesso. Significa che ogni gesto d’amore puro, anche nascosto, entra nella memoria viva di Dio e non andrà mai perduto. Nulla di ciò che è fatto per amore scompare: rimane come profumo che attraversa il tempo.
Gesù si schiera dalla parte della donna. La difende con parole definitive: “Lasciatela stare”. In un ambiente dominato dal giudizio, Egli riconosce la verità di un gesto che nasce dall’amore e non dal calcolo. Quello che per gli altri è uno spreco, per Lui è una profezia. La donna, senza saperlo, anticipa il mistero della croce: unge il corpo del Signore come se preparasse già la sua sepoltura. È un gesto di compassione e di intuizione spirituale, che vede oltre ciò che gli altri non vedono. Mentre i discepoli discutono di valore e di giustizia, lei compie un atto silenzioso che tocca il cuore stesso del Vangelo: donare tutto per amore. Gesù riassume il suo gesto in una frase che vale come una definizione di santità concreta: “Ha fatto ciò che poteva”. Non ciò che doveva, non ciò che gli altri si aspettavano, ma ciò che poteva. È una misura umana e divina allo stesso tempo. Dio non chiede la perfezione, chiede il possibile di ciascuno, ma interamente. Il bene non si misura in grandezza, ma in autenticità. La santità, nel linguaggio di Gesù, è fedeltà alla propria misura, vissuta fino in fondo. Anche il piccolo gesto, se compiuto con amore, partecipa all’infinito di Dio. La donna di Betània diventa così immagine di ogni discepolo che ama senza rumore, di chi non cerca riconoscimenti ma si lascia guidare dal cuore. Gesù non oppone il suo gesto alla carità verso i poveri, ma mostra che l’amore concreto verso di Lui diventa fonte di ogni altra carità. Chi sa donare a Dio ciò che ha di più prezioso impara a donare anche ai fratelli con libertà. È l’amore che dà senso a ogni gesto, non la quantità di ciò che si offre. Per la spiritualità ignaziana, questo è il punto in cui la sequela si misura non sui risultati ottenuti, ma sulla disponibilità a mettere in gioco la vita. “Fare ciò che posso” significa accogliere ogni giorno la mia realtà concreta come luogo di incontro con Dio. È il discernimento del quotidiano: riconoscere dove posso amare di più, dove posso servire meglio, dove posso donare con libertà. Gesù promette che il gesto di questa donna sarà ricordato dovunque il Vangelo sarà annunciato. È la sua canonizzazione nel cuore della memoria evangelica: una donna senza nome diventa parte del Vangelo stesso. Significa che ogni gesto d’amore puro, anche nascosto, entra nella memoria viva di Dio e non andrà mai perduto. Nulla di ciò che è fatto per amore scompare: rimane come profumo che attraversa il tempo.
- Sto nella scena e mi chiedo: qual è oggi “ciò che posso” offrire a Gesù, senza aspettare condizioni migliori o tempi più favorevoli?
Il Colloquio: "Termino (la meditazione) immaginando Cristo, nostro Signore, davanti a me" (dagli Esercizi Spirituali)
Il punto più alto di tutta la meditazione è quello di parlare e dialogare direttamente con Gesù. Quindi...
...metto ora da parte la Scrittura e parlo con Lui, a tu per tu, come “un amico parla a un altro amico”. Riprendo, "secondo quello che sentirò in me", ciò che è nato in questa preghiera: sentimenti, ricordi, nuove consapevolezze, desideri, grazie ricevute o da chiedere, cioè riprendo ciò che ho vissuto mentre dialogavo con la sua Parola. Porto nel colloquio con Dio anche la mia esperienza della “Richiesta di grazia” che ha orientato tutta la preghiera e che ho fatto all'inizio di questo tempo di preghiera: mi sento di averne ora maggiore chiarezza? Non ne ho fatto particolare esperienza in questo tempo? In generale mi chiedo davanti a Lui: “Con questo momento di preghiera, con questo passo biblico, a cosa sento che Dio mi chiami?”. Porto questa chiamata concreta davanti a Lui, presentando la mia disponibilità o la mia fatica, e chiedendo la grazia di viverla nella vita di ogni giorno.
Il punto più alto di tutta la meditazione è quello di parlare e dialogare direttamente con Gesù. Quindi...
...metto ora da parte la Scrittura e parlo con Lui, a tu per tu, come “un amico parla a un altro amico”. Riprendo, "secondo quello che sentirò in me", ciò che è nato in questa preghiera: sentimenti, ricordi, nuove consapevolezze, desideri, grazie ricevute o da chiedere, cioè riprendo ciò che ho vissuto mentre dialogavo con la sua Parola. Porto nel colloquio con Dio anche la mia esperienza della “Richiesta di grazia” che ha orientato tutta la preghiera e che ho fatto all'inizio di questo tempo di preghiera: mi sento di averne ora maggiore chiarezza? Non ne ho fatto particolare esperienza in questo tempo? In generale mi chiedo davanti a Lui: “Con questo momento di preghiera, con questo passo biblico, a cosa sento che Dio mi chiami?”. Porto questa chiamata concreta davanti a Lui, presentando la mia disponibilità o la mia fatica, e chiedendo la grazia di viverla nella vita di ogni giorno.
Preghiera conclusiva
Recito con gratitudine un Padre nostro oppure un’altra preghiera che in questo momento esprima meglio il mio dialogo con il Signore.
Recito con gratitudine un Padre nostro oppure un’altra preghiera che in questo momento esprima meglio il mio dialogo con il Signore.
Rilettura della preghiera (da fare per iscritto)
Terminato l’esercizio, mi concedo un momento di pausa prima di rileggere interiormente ciò che è accaduto nella preghiera.
Seduto o camminando, dedico ancora qualche minuto a verificare “come è andata”: se ho seguito il metodo, quali frutti spirituali ho ricevuto, quali intuizioni o inviti al cambiamento sono emersi riguardo al mio modo di parlare, agli atteggiamenti verso me stesso e verso gli altri, alle decisioni da prendere e agli ambiti concreti in cui agire. Quali appelli la Parola ha provocato in me? L’esperienza vissuta è un dono di Dio attraverso la sua Parola e comporta per me una responsabilità: ora che ho riconosciuto i punti su cui è necessario che io lavori e che mi servono per un passo verso la vita piena, ne sono custode e responsabile. Sapendo che la vita cresce e si trasforma con decisioni reali e non solo con buone intenzioni, annoto i punti principali su un foglio come piste operative da attuare nella giornata e nel prossimo periodo. Per tale motivo è utile tenere con sé un “Diario di bordo” per l’intero percorso.
Terminato l’esercizio, mi concedo un momento di pausa prima di rileggere interiormente ciò che è accaduto nella preghiera.
Seduto o camminando, dedico ancora qualche minuto a verificare “come è andata”: se ho seguito il metodo, quali frutti spirituali ho ricevuto, quali intuizioni o inviti al cambiamento sono emersi riguardo al mio modo di parlare, agli atteggiamenti verso me stesso e verso gli altri, alle decisioni da prendere e agli ambiti concreti in cui agire. Quali appelli la Parola ha provocato in me? L’esperienza vissuta è un dono di Dio attraverso la sua Parola e comporta per me una responsabilità: ora che ho riconosciuto i punti su cui è necessario che io lavori e che mi servono per un passo verso la vita piena, ne sono custode e responsabile. Sapendo che la vita cresce e si trasforma con decisioni reali e non solo con buone intenzioni, annoto i punti principali su un foglio come piste operative da attuare nella giornata e nel prossimo periodo. Per tale motivo è utile tenere con sé un “Diario di bordo” per l’intero percorso.
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Un ulteriore brano su cui sostare nel corso della settimana
Nei giorni successivi, può servire come spunto per approfondire e ampliare il tema specifico proposto in questa scheda, applicando sempre lo stesso schema di preghiera usato per il testo principale (anche se con un commento specifico meno ampio). Mc 12,41-44. Il dono che vale la vita
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