Ciclo
Gesù, maestro di vita, nel vangelo di Marco
“E subito lo seguirono”
(cfr. Mc 1,18)
Quello di Marco è il più essenziale dei quattro vangeli. In poche pagine, presenta un Gesù in cammino, che incontra persone, guarisce, incoraggia, aiuta e insegna. Il nostro percorso è costituito da dieci tappe a frequenza settimanale in cui desideriamo seguire il suo itinerario, lasciandoci provocare dalle sue parole, dai suoi gesti e dal suo stile. Ogni tappa diventa un'occasione di crescita: per conoscere meglio noi stessi, per liberarci da ciò che ci blocca, per scegliere e vivere con più libertà e verità.
IMPORTANTE.
L’‘ignazianità’ della preghiera nasce dall’applicazione del metodo elaborato da sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali. Non basta, quindi, meditare solo sul testo biblico o leggere le note che lo accompagnano: è fondamentale accogliere e mettere in pratica lo spirito delle varie indicazioni contenute nella scheda. Per questo è importante leggere con attenzione quanto segue.
L’‘ignazianità’ della preghiera nasce dall’applicazione del metodo elaborato da sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali. Non basta, quindi, meditare solo sul testo biblico o leggere le note che lo accompagnano: è fondamentale accogliere e mettere in pratica lo spirito delle varie indicazioni contenute nella scheda. Per questo è importante leggere con attenzione quanto segue.
Scheda settimanale 4/10
"La tua fede ti ha salvata"
(cfr. Mc 5,34)
"La tua fede ti ha salvata"
(cfr. Mc 5,34)
Tema. Forza che nasce dalla fede. La fede vera è un atto di coraggio che si accende quando tutto sembra perduto: rompe le barriere, osa gesti proibiti, trasforma la paura in movimento verso la Vita.
Creo le condizioni
Prima di iniziare, scelgo un posto tranquillo e una posizione del corpo che mi aiutino vivere il momento della preghiera. Creo intorno e dentro di me il silenzio necessario per ascoltare la Parola e lasciarla scendere nel cuore. È opportuno, per esempio, spegnere il cellulare, avvisare in casa del mio momento di preghiera per non essere disturbati, ecc…). Scelgo un momento della giornata in cui ho energie e lucidità. Prendo per me 25-30 minuti per attraversare la scheda con lo scopo di ascoltare nella Parola la voce dello Spirito che abita in me. Evito i tempi di stanchezza all'interno della giornata, perché non mi permetterebbero di vivere la preghiera con frutto.
Mi metto alla presenza del Signore
Mi metto davanti a Colui che desidero incontrare: il Signore. Lascio che il suo sguardo, il suo amore e il suo abbraccio mi raggiungano affinché mi facciano sentire al mio posto, davanti a Lui. Sosto il tempo necessario perché io colga questa presenza.
Mi abbandono al Signore
Chiedo a Dio, nostro Signore, che la mia vita - memoria, pensieri, desideri, decisioni e azioni - sia orientata a Lui e al suo servizio. Domando di poter entrare in questa preghiera con fiducia e disponibilità, affidando a Lui il mio passato, il mio presente e il mio futuro.
Prima di iniziare, scelgo un posto tranquillo e una posizione del corpo che mi aiutino vivere il momento della preghiera. Creo intorno e dentro di me il silenzio necessario per ascoltare la Parola e lasciarla scendere nel cuore. È opportuno, per esempio, spegnere il cellulare, avvisare in casa del mio momento di preghiera per non essere disturbati, ecc…). Scelgo un momento della giornata in cui ho energie e lucidità. Prendo per me 25-30 minuti per attraversare la scheda con lo scopo di ascoltare nella Parola la voce dello Spirito che abita in me. Evito i tempi di stanchezza all'interno della giornata, perché non mi permetterebbero di vivere la preghiera con frutto.
Mi metto alla presenza del Signore
Mi metto davanti a Colui che desidero incontrare: il Signore. Lascio che il suo sguardo, il suo amore e il suo abbraccio mi raggiungano affinché mi facciano sentire al mio posto, davanti a Lui. Sosto il tempo necessario perché io colga questa presenza.
Mi abbandono al Signore
Chiedo a Dio, nostro Signore, che la mia vita - memoria, pensieri, desideri, decisioni e azioni - sia orientata a Lui e al suo servizio. Domando di poter entrare in questa preghiera con fiducia e disponibilità, affidando a Lui il mio passato, il mio presente e il mio futuro.
Testo principale: Mc 5,25-34
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: «Chi mi ha toccato?»». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».
Immagino la scena
Dopo aver letto una prima volta l’intero testo principale, e se può aiutarmi, lascio che la scena prenda forma in me immaginandola: personaggi, sguardi, parole, gesti, movimenti. Io sono lì, respiro la stessa aria, mi muovo tra i personaggi, partecipo con cuore, mente e corpo, mi sintonizzo con quella scena che ha a che fare con me e con il mio mistero, qui ed ora.
Dopo aver letto una prima volta l’intero testo principale, e se può aiutarmi, lascio che la scena prenda forma in me immaginandola: personaggi, sguardi, parole, gesti, movimenti. Io sono lì, respiro la stessa aria, mi muovo tra i personaggi, partecipo con cuore, mente e corpo, mi sintonizzo con quella scena che ha a che fare con me e con il mio mistero, qui ed ora.
Richiesta di grazia (che orienta tutta la mia preghiera)
Chiedo di riconoscere nella mia storia i luoghi in cui la fede può diventare forza viva, capace di superare ostacoli e farmi avanzare verso la vita piena
Chiedo di riconoscere nella mia storia i luoghi in cui la fede può diventare forza viva, capace di superare ostacoli e farmi avanzare verso la vita piena
TESTO BIBLICO PRINCIPALE. Corredato solo da alcuni essenziali spunti e riflessioni per accompagnare la preghiera personale secondo lo spirito di s. Ignazio, il quale ricorda che non è il molto sapere a saziare e soddisfare l’anima, ma il sentire e il gustare interiormente le cose, così che chi prega possa ricavare maggior gusto e frutto spirituale riflettendo e ragionando da solo (cfr. Esercizi Spirituali 2).
Le tre sezioni del brano biblico possono essere meditate in giorni diversi oppure in un unico tempo di preghiera. Tuttavia, anche scegliendone solo una, il metodo proposto nella scheda va seguito integralmente ogni volta che si compie il momento di preghiera.
Parto dall’inizio del testo biblico e mi lascio fermare da quella parola, frase, concetto o immagine che suscita in me un movimento o una risonanza interiore particolare (per es. pace, serenità, paura, tristezza, ecc...). Se questo accade, significa che quella parte di testo tocca la mia vita presente e concreta: è lì che la Parola, e in particolare, quella precisa porzione di testo, mi vuole dire qualcosa e per questo la prendo in seria considerazione. Mi soffermo finché il movimento/risonanza dura, per “sentire e gustare interiormente” l’esperienza che il testo mi offre. Mentre sto su quel movimento mi chiedo: "cosa mi sta dicendo? Perché ho questa risonanza? A cosa mi sta chiamando?". Non ho fretta di andare avanti: anche se passo tutto il tempo su un solo versetto, su una sola parola o su una sola immagine, la preghiera è pienamente vissuta.
Non cedo alla tentazione di scrivere durante la preghiera, per restare interamente presente all’incontro con Dio, che in quel momento mi parla attraverso la sua Parola.
MOLTO IMPORTANTE: La mia preghiera è sulla Parola di Dio, non sul commento, il quale ha soltanto la funzione di provocare, sottolineando alcuni aspetti, e aiutare ad entrare meglio nella Parola stessa.
Parto dall’inizio del testo biblico e mi lascio fermare da quella parola, frase, concetto o immagine che suscita in me un movimento o una risonanza interiore particolare (per es. pace, serenità, paura, tristezza, ecc...). Se questo accade, significa che quella parte di testo tocca la mia vita presente e concreta: è lì che la Parola, e in particolare, quella precisa porzione di testo, mi vuole dire qualcosa e per questo la prendo in seria considerazione. Mi soffermo finché il movimento/risonanza dura, per “sentire e gustare interiormente” l’esperienza che il testo mi offre. Mentre sto su quel movimento mi chiedo: "cosa mi sta dicendo? Perché ho questa risonanza? A cosa mi sta chiamando?". Non ho fretta di andare avanti: anche se passo tutto il tempo su un solo versetto, su una sola parola o su una sola immagine, la preghiera è pienamente vissuta.
Non cedo alla tentazione di scrivere durante la preghiera, per restare interamente presente all’incontro con Dio, che in quel momento mi parla attraverso la sua Parola.
MOLTO IMPORTANTE: La mia preghiera è sulla Parola di Dio, non sul commento, il quale ha soltanto la funzione di provocare, sottolineando alcuni aspetti, e aiutare ad entrare meglio nella Parola stessa.
Mc 5,25-34
1. «Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”» (Mc 5,25-28).
Note
Dodici anni: un tempo che diventa una vita. In dodici anni accadono molte cose: un bambino cresce, una vita cambia, ecc... Per lei, invece, dodici anni sono stati il prolungarsi di una ferita senza guarigione, di una vergogna che la legge religiosa sottolineava: la perdita di sangue la rendeva impura, esclusa dal culto, tenuta lontana da ogni contatto. Ha fatto tutto il suo possibile: ha speso denaro, energie, speranze, e invece di migliorare è peggiorata. La vita, a volte, è così: non basta volerla cambiare per riuscirci. Ma questa donna non è ancora spenta; non si rassegna. Ha una cosa che le funziona perfettamente: la capacità dell’ascolto (“udito parlare”), cioè la capacità di apertura, di cogliere e accogliere le novità: non ha permesso che la sua difficoltà la chiudesse alla vita. Quando sente parlare di Gesù, non elabora una teoria: agisce. E lo fa in un modo proibito. Si infiltra tra la folla, tocca un uomo (e non un uomo qualsiasi, ma un rabbì) senza il suo permesso. È un atto di rottura, un gesto pericoloso per la sua incolumità; ha mantenuto il coraggio di chi non ha più nulla da perdere ma ha ancora tutto da guadagnare. La sua fede è un corpo che si muove, una mano che si allunga, un contatto che sa andare oltre i divieti.
Nella prospettiva ignaziana, questo è il momento in cui si riconosce che il desiderio di vita è più forte della paura. È il punto in cui si sceglie il magis: non accontentarsi di sopravvivere, ma cercare il meglio che apre alla Vita piena. Il rischio è alto, ma è proprio nel rischio che la libertà si manifesta.
Dodici anni: un tempo che diventa una vita. In dodici anni accadono molte cose: un bambino cresce, una vita cambia, ecc... Per lei, invece, dodici anni sono stati il prolungarsi di una ferita senza guarigione, di una vergogna che la legge religiosa sottolineava: la perdita di sangue la rendeva impura, esclusa dal culto, tenuta lontana da ogni contatto. Ha fatto tutto il suo possibile: ha speso denaro, energie, speranze, e invece di migliorare è peggiorata. La vita, a volte, è così: non basta volerla cambiare per riuscirci. Ma questa donna non è ancora spenta; non si rassegna. Ha una cosa che le funziona perfettamente: la capacità dell’ascolto (“udito parlare”), cioè la capacità di apertura, di cogliere e accogliere le novità: non ha permesso che la sua difficoltà la chiudesse alla vita. Quando sente parlare di Gesù, non elabora una teoria: agisce. E lo fa in un modo proibito. Si infiltra tra la folla, tocca un uomo (e non un uomo qualsiasi, ma un rabbì) senza il suo permesso. È un atto di rottura, un gesto pericoloso per la sua incolumità; ha mantenuto il coraggio di chi non ha più nulla da perdere ma ha ancora tutto da guadagnare. La sua fede è un corpo che si muove, una mano che si allunga, un contatto che sa andare oltre i divieti.
Nella prospettiva ignaziana, questo è il momento in cui si riconosce che il desiderio di vita è più forte della paura. È il punto in cui si sceglie il magis: non accontentarsi di sopravvivere, ma cercare il meglio che apre alla Vita piena. Il rischio è alto, ma è proprio nel rischio che la libertà si manifesta.
- Sto nella scena biblica e mi chiedo: quale gesto, oggi, so che mi esporrebbe, che romperebbe un equilibrio precario, ma che potrebbe essere l’unico passo verso la mia vera guarigione?
2. «E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?”» (Mc 5,29-30).
Note
L’effetto è immediato: il coraggio le ha permesso di ritrovarsi diversa, non più definita dalla difficoltà. Lei lo sente nel corpo, non ha bisogno di conferme esterne. Ma Gesù si ferma. Avrebbe potuto lasciarla andare con il suo dono, anonima tra la folla. Invece si volta, interroga, costringe il segreto a venire alla luce. Non perché non sappia chi l’ha toccato, ma perché non vuole che la guarigione resti un episodio isolato. La guarigione vera non è un evento magico, è un incontro che cambia la storia. La domanda “Chi mi ha toccato?” è scomoda: costringe ad esporsi, a dire “io”. Quante volte preferiamo ricevere un aiuto e sparire, per non doverci compromettere in una relazione che ci impegna. Gesù non si accontenta di essere stato usato come un pronto soccorso: vuole uno scambio di sguardi, un legame che inizi a modellare la vita.
Nella logica degli Esercizi ignaziani, questo è il passaggio dal beneficio ricevuto alla consapevolezza: “sentire e gustare” la grazia, riconoscerla e possederla come parte della propria storia, non come episodio casuale. È la differenza tra essere guariti e diventare figli.
L’effetto è immediato: il coraggio le ha permesso di ritrovarsi diversa, non più definita dalla difficoltà. Lei lo sente nel corpo, non ha bisogno di conferme esterne. Ma Gesù si ferma. Avrebbe potuto lasciarla andare con il suo dono, anonima tra la folla. Invece si volta, interroga, costringe il segreto a venire alla luce. Non perché non sappia chi l’ha toccato, ma perché non vuole che la guarigione resti un episodio isolato. La guarigione vera non è un evento magico, è un incontro che cambia la storia. La domanda “Chi mi ha toccato?” è scomoda: costringe ad esporsi, a dire “io”. Quante volte preferiamo ricevere un aiuto e sparire, per non doverci compromettere in una relazione che ci impegna. Gesù non si accontenta di essere stato usato come un pronto soccorso: vuole uno scambio di sguardi, un legame che inizi a modellare la vita.
Nella logica degli Esercizi ignaziani, questo è il passaggio dal beneficio ricevuto alla consapevolezza: “sentire e gustare” la grazia, riconoscerla e possederla come parte della propria storia, non come episodio casuale. È la differenza tra essere guariti e diventare figli.
- Sto nella scena biblica e mi chiedo: quale grazia nella mia vita ho accolto ma non ho ancora riconosciuto davanti a Dio e a me stesso, lasciandola così a metà strada?
3. «Allora la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”» (Mc 5,33-34).
Note
Impaurita e tremante: non per il male che è sparito, ma per il bene che rischia di travolgerla. La verità fa paura, soprattutto quando è tutta la verità: non una versione ridotta e addomesticata, ma il racconto completo, con le ferite e i tentativi, la disperazione e il coraggio. Lei dice tutto. “Gli si gettò davanti”: dal veloce tocco delle vesti si passa al coraggio di stare faccia a faccia con la verità. Gesù non vuole restare sullo sfondo, ma chiede a ciascuno di noi di sostare davanti a lui: è la postura del dialogo, del confronto, della relazione che fa crescere. Egli desidera incrociare il nostro sguardo, restituirci dignità e non semplicemente erogare un servizio a nostro vantaggio, come può essere la guarigione da una malattia. Non siamo ladri che agiscono di nascosto, ma persone che ricevono un dono. E in risposta questa donna riceve un nome nuovo: “Figlia”. Non è solo guarita, è reintrodotta in una relazione originaria, riconosciuta come parte di una famiglia, rimessa in piedi nella sua dignità e nella sua vera identità. La sua fede l’ha salvata, ma non nel senso di una formula spirituale: è stata la sua decisione di esporsi, di agire, di raccontare senza più nascondersi. La salvezza non è fuga dalla vita, ma ritorno alla vita nella sua verità, senza veli. Ignazio direbbe che questo è il momento in cui l’uomo si mette “davanti a Dio nostro Signore” così com’è, senza maschere, e da lì riparte libero. La pace che Gesù dona non è assenza di problemi, ma una stabilità interiore che nasce dal sapere a chi si appartiene.
Impaurita e tremante: non per il male che è sparito, ma per il bene che rischia di travolgerla. La verità fa paura, soprattutto quando è tutta la verità: non una versione ridotta e addomesticata, ma il racconto completo, con le ferite e i tentativi, la disperazione e il coraggio. Lei dice tutto. “Gli si gettò davanti”: dal veloce tocco delle vesti si passa al coraggio di stare faccia a faccia con la verità. Gesù non vuole restare sullo sfondo, ma chiede a ciascuno di noi di sostare davanti a lui: è la postura del dialogo, del confronto, della relazione che fa crescere. Egli desidera incrociare il nostro sguardo, restituirci dignità e non semplicemente erogare un servizio a nostro vantaggio, come può essere la guarigione da una malattia. Non siamo ladri che agiscono di nascosto, ma persone che ricevono un dono. E in risposta questa donna riceve un nome nuovo: “Figlia”. Non è solo guarita, è reintrodotta in una relazione originaria, riconosciuta come parte di una famiglia, rimessa in piedi nella sua dignità e nella sua vera identità. La sua fede l’ha salvata, ma non nel senso di una formula spirituale: è stata la sua decisione di esporsi, di agire, di raccontare senza più nascondersi. La salvezza non è fuga dalla vita, ma ritorno alla vita nella sua verità, senza veli. Ignazio direbbe che questo è il momento in cui l’uomo si mette “davanti a Dio nostro Signore” così com’è, senza maschere, e da lì riparte libero. La pace che Gesù dona non è assenza di problemi, ma una stabilità interiore che nasce dal sapere a chi si appartiene.
- Sto nella scena biblica e mi chiedo: oggi, quale parte della mia verità tengo ancora nascosta e che, se consegnata, potrebbe diventare sorgente di pace e libertà?
Il Colloquio: "Termino (la meditazione) immaginando Cristo, nostro Signore, davanti a me" (dagli Esercizi Spirituali)
Il punto più alto di tutta la meditazione è quello di parlare e dialogare direttamente con Gesù. Quindi...
...metto ora da parte la Scrittura e parlo con Lui, a tu per tu, come “un amico parla a un altro amico”. Riprendo, "secondo quello che sentirò in me", ciò che è nato in questa preghiera: sentimenti, ricordi, nuove consapevolezze, desideri, grazie ricevute o da chiedere, cioè riprendo ciò che ho vissuto mentre dialogavo con la sua Parola. Porto nel colloquio con Dio anche la mia esperienza della “Richiesta di grazia” che ha orientato tutta la preghiera e che ho fatto all'inizio di questo tempo di preghiera: mi sento di averne ora maggiore chiarezza? Non ne ho fatto particolare esperienza in questo tempo? In generale mi chiedo davanti a Lui: “Con questo momento di preghiera, con questo passo biblico, a cosa sento che Dio mi chiami?”. Porto questa chiamata concreta davanti a Lui, presentando la mia disponibilità o la mia fatica, e chiedendo la grazia di viverla nella vita di ogni giorno.
Il punto più alto di tutta la meditazione è quello di parlare e dialogare direttamente con Gesù. Quindi...
...metto ora da parte la Scrittura e parlo con Lui, a tu per tu, come “un amico parla a un altro amico”. Riprendo, "secondo quello che sentirò in me", ciò che è nato in questa preghiera: sentimenti, ricordi, nuove consapevolezze, desideri, grazie ricevute o da chiedere, cioè riprendo ciò che ho vissuto mentre dialogavo con la sua Parola. Porto nel colloquio con Dio anche la mia esperienza della “Richiesta di grazia” che ha orientato tutta la preghiera e che ho fatto all'inizio di questo tempo di preghiera: mi sento di averne ora maggiore chiarezza? Non ne ho fatto particolare esperienza in questo tempo? In generale mi chiedo davanti a Lui: “Con questo momento di preghiera, con questo passo biblico, a cosa sento che Dio mi chiami?”. Porto questa chiamata concreta davanti a Lui, presentando la mia disponibilità o la mia fatica, e chiedendo la grazia di viverla nella vita di ogni giorno.
Preghiera conclusiva
Recito con gratitudine un Padre nostro oppure un’altra preghiera che in questo momento esprima meglio il mio dialogo con il Signore.
Recito con gratitudine un Padre nostro oppure un’altra preghiera che in questo momento esprima meglio il mio dialogo con il Signore.
Rilettura della preghiera (da fare per iscritto)
Terminato l’esercizio, mi concedo un momento di pausa prima di rileggere interiormente ciò che è accaduto nella preghiera.
Seduto o camminando, dedico ancora qualche minuto a verificare “come è andata”: se ho seguito il metodo, quali frutti spirituali ho ricevuto, quali intuizioni o inviti al cambiamento sono emersi riguardo al mio modo di parlare, agli atteggiamenti verso me stesso e verso gli altri, alle decisioni da prendere e agli ambiti concreti in cui agire. Quali appelli la Parola ha provocato in me? L’esperienza vissuta è un dono di Dio attraverso la sua Parola e comporta per me una responsabilità: ora che ho riconosciuto i punti su cui è necessario che io lavori e che mi servono per un passo verso la vita piena, ne sono custode e responsabile. Sapendo che la vita cresce e si trasforma con decisioni reali e non solo con buone intenzioni, annoto i punti principali su un foglio come piste operative da attuare nella giornata e nel prossimo periodo. Per tale motivo è utile tenere con sé un “Diario di bordo” per l’intero percorso.
Terminato l’esercizio, mi concedo un momento di pausa prima di rileggere interiormente ciò che è accaduto nella preghiera.
Seduto o camminando, dedico ancora qualche minuto a verificare “come è andata”: se ho seguito il metodo, quali frutti spirituali ho ricevuto, quali intuizioni o inviti al cambiamento sono emersi riguardo al mio modo di parlare, agli atteggiamenti verso me stesso e verso gli altri, alle decisioni da prendere e agli ambiti concreti in cui agire. Quali appelli la Parola ha provocato in me? L’esperienza vissuta è un dono di Dio attraverso la sua Parola e comporta per me una responsabilità: ora che ho riconosciuto i punti su cui è necessario che io lavori e che mi servono per un passo verso la vita piena, ne sono custode e responsabile. Sapendo che la vita cresce e si trasforma con decisioni reali e non solo con buone intenzioni, annoto i punti principali su un foglio come piste operative da attuare nella giornata e nel prossimo periodo. Per tale motivo è utile tenere con sé un “Diario di bordo” per l’intero percorso.
|
Un ulteriore brano su cui sostare nel corso della settimana
Nei giorni successivi, può servire come spunto per approfondire e ampliare il tema specifico proposto in questa scheda, applicando sempre lo stesso schema di preghiera usato per il testo principale (anche se con un commento specifico meno ampio). Mc 7,24-30. Il coraggio di non restare fuori
|